Pitture e artisti |
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Se desideri meglio inquadrare il periodo storico e le relative tendenze artistiche, puoi consultare le pagine Storia dell'Arte e Correnti d'Arte
Giotto di Bondone nasce nel 1266 a Vicchio nel Mugello presso
Firenze. Allievo di
Cimabue e influenzato dal Cavallini é elogiato da Dante, Petrarca e Boccaccio.
Giovanni Battista Gelli nelle sue "Venti vite d'artisti", racconta di Giotto:
"Nacque Giotto ne la villa di Vespignano presso a Firenze circa agl’anni
del Signore 1275 per ordine de la natura la quale voleva come si è detto
risucitare l’arte del dipignere, et essendo poverissimo era mandato dal
padre a guardar le pecore insieme con alcuni altri, dove
essendo inclinato da la natura a dipignere lasciando stare gl’altri
spassi pastorali si separava da gli altri guardiani e tutto ’l giorno
su per le lastre con sassi e con carboni e con altro attendeva in quel
modo che gli porgeva la natura a dipingere ritraendo pur sempre cose
naturali. Ora essendosi egli posto un giorno in su la strada a ritrarre
una pecora in su una lastra avenne che passò di quivi Cimabue, il qual
tornava da un suo luogho di Mugello, e essendo pittore e veggendo
questo fanciullo che con istudio e attenzione grandissima ritraeva
questa pecora di sorte che non si accorgeva che Cimabue lo stessi a
vedere, quando gli parve ch’egli l’avessi fornita glela chiese che
egli gle la mostrassi, al che il fanciullo allegramente con lieta
faccia, che era d’aspetto assai grato
ancorché egli fussi nato in
villa, rispose molto volentieri; il quale disegno considerando molto
diligentemente Cimabue e veggendo che in quella era molto più arte
che in cosa nessuna che egli avessi ancor mai veduto in pittura".
E comunque certo che già nel 1300
Giotto di Bondone godeva di ampia fama come pittore e come architetto.
La sua arte, di sconvolgente modernità, fu di modello anche per le
generazioni successive, sino al Rinascimento. Rari e variamente
interpretati sono i documenti sulla sua partecipazione al cantiere della
basilica superiore di San Francesco ad Assisi.
Di recente una parte
della critica ha di nuovo messo in dubbio l'autografia delle celebri
Storie di san Francesco (1296-1304); altri invece
ne ribadiscono la
tradizionale attribuzione a Giotto, considerandolo unico a quel tempo a
essere in grado di dipingere con tanta verità di natura, ma soprattutto
di
spazio e prospettiva, e riconoscendo la collaborazione di una bottega
altamente specializzata, con ampia rappresentanza di pittori romani.
Gli
anni intorno al 1300
sono densi di impegni.
A Santa Maria Novella Giotto lascia il monumentale
Crocifisso dove Cristo è raffigurato, fuori
dai canoni tradizionali, umanissimo e sofferente; dopo i domenicani, anche
i benedettini richiedono al pittore un'opera per l'altare della loro
chiesa fiorentina (Polittico di Badia, oggi agli
Uffizi).
Durante un breve soggiorno a Rimini, Giotto dipinge, oltre
ad affreschi perduti, un Crocifisso per la locale
chiesa di San
Francesco.
Nel 1303 Giotto si trasferisce a Padova dove attende alla
decorazione della
cappella degli Scrovegni (Storie di Gioacchino e Anna, Storie della
Vergine, Storie di Cristo, Giudizio universale, Allegorie dei vizi e
delle virtù). Tra il 1307 e il 1308 è ad Assisi, impegnato nella
decorazione della cappella della Maddalena, quindi a
Firenze dove esegue la Madonna di Ognissanti degli Uffizi e gli
affreschi delle cappelle Peruzzi (1315-1320) e Bardi (1320-1325) in
Santa Croce.
Di datazione ancora incerta sono gli interventi di
Giotto e bottega nella basilica di San Pietro a Roma commissionati dal
cardinale Jacopo Stefaneschi: il polittico oggi alla Pinacoteca vaticana,
il mosaico della
Navicella, di cui restano solo due busti di angeli, e i
perduti affreschi dell'abside.
Nel 1328 Giotto è chiamato a Napoli da
Roberto d'Angiò.
Nel 1334 viene nominato capomastro dell'Opera di Santa Reparata (Santa Maria del Fiore) e sovrintendente delle opere pubbliche
di Firenze.
Nel 1336 è
a Milano, dove affresca una sala del distrutto palazzo di Azzone
Visconti. Muore nel 1337 ed è stato uno dei più grandi artisti italiani
per la profondità di concezione, sempre sublimata in linguaggio semplice
ed universale.