Pitture e artisti |
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Se desideri meglio inquadrare il periodo storico e le relative tendenze artistiche, puoi consultare le pagine Storia dell'Arte e Correnti d'Arte.
Opere di Artemisia Gentileschi
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di Artemisia Gentileschi
Artemisia Gentileschi nasce a Roma l'8 luglio del 1593, figlia primogenita del pittore
Orazio Gentileschi (nato a Pisa) e di di Prudenzia Montone (morta
prematuramente).
Nonostante che all'epoca, l’arte pittorica fosse rigorosamente
riservata agli uomini (in genere le donne erano escluse da quasi tutti i lavori
non domestici), Artemisia impara nella bottega paterna, le tecniche pittoriche
vivendo in un ambiente impregnato di pittori, spesso (come il padre) di scuola
caravaggesca. Del resto pare che Artemisia abbia conosciuto personalmente
Caravaggio, che sembra usasse prendere in prestito strumenti dalla bottega del
padre, durante il periodo nel quale Caravaggio lavorava nella Basilica di Santa
Maria del Popolo e nella Chiesa di San Luigi dei Francesi.
La prima opera
attribuita a Artemisia è “Susanna e i vecchioni” realizzata probabilmente con
riferimenti “autobiografici”. L’episodio di Susanna è narrato nell’Antico
Testamento (Libro di Daniele) e descrive la casta Susanna, sorpresa al bagno da
due vecchi che la sottoporranno a ricatto sessuale per soddisfare i loro
appetiti. Ma per Artemisia l’opera “Susanna e i vecchioni”, vorrebbe alludere
allo stupro da lei subito ad opera di Agostino Tassi maestro di prospettiva, che
frequentava la casa del padre, per gli impegni che aveva con Orazio Gentileschi,
nella decorazione a fresco delle volte del Casino del Palazzo Pallavicini
Rospigliosi a Roma. Lo scandalo avviene nel 1611, quando Orazio inizia una causa
contro Agostino Tassi, per “aver violentato Artemisia più e più volte”.
Questa
la testimonianza di Artemisia al processo: "Serrò la camera a chiave e dopo
serrata mi buttò su la sponda del letto dandomi con una mano sul petto, mi mise
un ginocchio fra le cosce ch'io non potessi serrarle et alzatomi li panni, che
ci fece grandissima fatiga per alzarmeli, mi mise una mano con un fazzoletto
alla gola et alla bocca acciò non gridassi e le mani quali prima mi teneva con
l'altra mano mi le lasciò, havendo esso prima messo tutti doi li ginocchi tra le
mie gambe et appuntendomi il membro alla natura cominciò a spingere e lo mise
dentro. E li sgraffignai il viso e li strappai li capelli et avanti che lo
mettesse dentro anco gli detti una stretta al membro che gli ne levai anco un
pezzo di carne."
Durante il processo Artemisia viene anche torturata, ma non
ritratta le accuse, tanto che vince (cosa molto strana per una donna) la causa e
il pittore Agostino viene condannato a scontare una pena di alcuni anni di
carcere.
La reputazione di Artemisia (per gli usi dell’epoca) è comunque altamente
compromessa e abile è il padre Orazio, che riesce comunque a combinare per la
figlia, un matrimonio (1612) con il modesto artista fiorentino Pierantonio
Stiattesi.
Artemisia dunque si trasferisce a Firenze, dove avrà 4 figli (tre
tuttavia muoiono nei primi anni di vita) e solo la figlia Prudenzia accompagnerà
la madre nei suoi viaggi a Napoli, Londra e naturalmente Roma. A Firenze,
comunque Artemisia verrà accettata (prima donna in assoluto) all’Accademia delle
Arti del Disegno. Il padre comunque non le farà mancare il suo appoggio, come
dimostra la lettera scritta alla Granduchessa Cristina di Lorena (1612) “questa femina, come è piaciuto a Dio, havendola drizzata nelle professione della
pittura in tre anni si è talmente appraticata che posso adir de dire che hoggi
non ci sia pare a lei, havendo per sin adesso fatte opere che forse i prencipali
maestri di questa professione non arrivano al suo sapere”.
A Firenze conosce
dunque un lusinghiero successo, riuscendo anche a frequentare i più reputati
artisti e personaggi del tempo (uno per tutti: Galileo Galilei) e a conquistare
il favore della famiglia Medici.
Negli anni Artemisia raffina e elabora la sua
tecnica pittorica, prediligendo realismo, tinte violente e magistrali giochi di
luce. Appartengono al periodo fiorentino le opere “Conversione della Maddalena”
e “Giuditta con la sua ancella “ e la seconda versione di “Giuditta che decapita Oloferne” , la prima versione era stata dipinta con “rabbia” tra il 1612 e il
1613 ed è impressionante per la violenza che emana.
Nonostante il successo, il
periodo fiorentino è tormentato da problemi finanziari e dunque, un poco per
sfuggire ai creditori e un po' per sfuggire alla convivenza con il marito,
Artemisia torna nel 1621 a Roma, ma non coabiterà con il padre che in quel
periodo vive a Genova.
Molti sono gli amanti che si attribuiscono a Artemisia
Gentileschi anche se pare che il suo grande amore fosse il musicista Nicholas
Lanier al quale è forse da attribuire la paternità della figlia Francesca, nata
intorno al 1627.
A Roma intanto è crescente il successo del classicismo e delle
ispirazioni barocche di Pietro da Cortona e Artemisia entra a far parte
dell'Accademia dei Desiosi (Inaugurata nel 1624 da Agostino Mascardi e aperta a
poeti e teorici del nuovo gusto barocco ). In questo periodo Artemisia conosce
anche il collezionista Cassiano dal Pozzo, ma ciò nonostante le commesse non
sono numerose, a lei sono comunque precluse le grandi opere e le grandi pale
d'altare, così intorno al 1629 cambia nuovamente città, stabilendosi a Venezia.
Risalgono al periodo veneziano le opere: “Giuditta con la sua ancella”, il
“Ritratto di gonfaloniere”, “la Venere dormiente”
e “Ester e Assuero”.
Tuttavia la vita di Artemisia, come quella di tanti grandi
maestri pittori, è caratterizzata da continui spostamenti e nel 1630, troviamo
Artemisia a Napoli dove realizza “L'Annunciazione”, la “Nascita di San Giovanni
Battista”, “Corisca e il satiro” e instaura buoni rapporti con il Duca d'Alcalà
e un'ottima collaborazione artistica con il pittore casertano Massimo Stanzione.
A Pozzuoli poi realizza per la prima volta il suo sogno di dipingere per una
cattedrale, saranno i dipinti dedicati alla vita si San Gennaro. Intanto il
padre Orazio si era fatto un nome presso la corte di Carlo I a Londra, era
infatti riuscito a avere l'incarico di decorare il soffitto della “Casa delle
Delizie di Greenwich” della regina Enrichetta Maria e dunque Artemisia pensa
bene, nel 1638, di raggiungerlo. Tra i due, sarà un ritrovarsi breve, poiché nel
1639 il padre muore. Artemisia resterà a Londra probabilmente fino al 1641 ed è
certo, come risulta dalle lettere intercorse con il collezionista siciliano
Antonio Ruffo che nel 1649 è a Napoli.
Le ultime opere che risultano realizzate
da Artemisia Gentileshi in questo periodo sono la “Madonna e Bambino con
rosario”, "David e Betsabea" , "Lot e le sue figlie" e “Lucrezia”, poi non ci
sono ulteriori notizie, molti, forse troppi critici, hanno ignorato per anni la
sua arte e così neppure la data della sua morte risulta certa 1652 o 1653. Di
lei rimangono esposte al pubblico circa 40 bellissime e vibranti opere.