![]() Pitture e artisti |
ANNO: 1100 1300 1400 1500 1600 1700 1800 1900
Gli anni di passaggio dall'Ottocento al Novecento sono contrassegnati da una
profonda crisi di cui abbiamo visto le conseguenze in quasi tutti gli artisti.
Da un lato prosegue l'ottimistica fede nel progresso scientifico, che appare
inarrestabile e tale da portare a soluzione ogni problema umano, mentre
dall'altro lato ci si rende conto che questa "felicità" universale è solo
apparente.
Se la borghesia al potere è ricca, lo è sfruttando il lavoro
delle classi subalterne, costrette a lottare per acquistare una migliore qualità
di vita. Quindi il progresso tecnico non è necessariamente legato al progresso
dell'umanità, anzi rischia di meccanizzare l'uomo, uccidendone la spiritualità,
cosicché sarà necessario cercare un "supplemento d'anima". E' questa una delle
aspirazioni di quella corrente culturale, che si manifesta dapprima e
soprattutto in Francia, detta "Decadentismo".
In questo clima decadente nasce e si diffonde in Europa il movimento detto "Art
Nouveau" dai francesi, "Secessione" in Austria e "Liberty
o Floreale" in Italia
E' proprio in questo periodo che il poeta Hugo von
Hofmannsthal scrive: "La gente deve ricominciare a vedere quadri, veri quadri,
non oleografie dipinte a mano: deve potersi ricordare che la loro materia è una
scrittura magica che, con macchie di colore in luogo delle parole, ci trasmette
una visione interiore del mondo; il mondo misterioso, arcano, meraviglioso e non
un'attività commerciale. Il viennese
Gustav Klimt
è un sicuro sostenitore della Secessione, in lui certamente prevalgono
l'evocazione della realtà, piuttosto che la sua rappresentazione.
Per quanto
riguarda l'Italia, occorre menzionare gli artisti Galileo Chini e Adolfo De Carolis.
Intanto nel 1905 si apriva a Parigi, l'annuale "Salone d'autunno", dove un
gruppo di artisti, con i loro quadri dai colori violenti, suscitò nel pubblico e
nella critica un grandissimo scandalo. Fu in tale occasione che il critico Louis
Vauxcelles, paragonando una statua tradizionalista a i nuovi quadri appesi nella
sala, gridò: "Donatello chez les fauves" ovvero Donatello nella casa delle
"belve".
Fauves, dunque belve, nasce così una nuova tendenza che definirà lo stile
pittorico di Henri Matisse,
Albert Marquet, André Derain, Raoul Dufy e Georges Braque.
Per i Fauves, protagonista dell'immagine è il colore che, distribuito con
pennellate ben evidenti, ritma la composizione e «costruisce» in senso vero e
proprio il dipinto. Si abbandona pertanto ogni modalità di rappresentazione
illusoria della profondità e si rifiuta la pittura tonale
tradizionale, per
ispirarsi invece all'arte primitiva, ritenuta più istintiva e vitale.
Nei
dipinti dei Fauves
sono assenti perciò gradazioni di colore e sfumature, effetti di chiaroscuro e
di volume, le tinte sono fortemente contrastanti. La prevalenza dei colori puri
acquista anche un significato simbolico e serve a sottolineare la condizione
interiore di totale disponibilità a inventare nuovi modi di comunicare con
l'immagine.
Intanto nel 1909 lo stesso critico che aveva coniato la parola
"fauves" definisce "bizzarrie cubiste" alcuni dipinti di
Picasso e Braque, nasce così ufficialmente il "Cubismo".
Mentre per i Fauves
ciò che urge è esprimere, attraverso la violenza del colore, l'immediatezza
transitoria del proprio sentimento di fronte al reale; per il cubismo occorre
rendere il significato, filtrato attraverso il proprio "io" e quindi soggettivo.
I Cubisti dunque partono dallo studio della realtà, ma
la scompongono, la frantumano per poi ricomporla sulla tela in un nuovo ordine,
che cancella la distinzione tra oggetti e spazio. Un oggetto, una figura umana,
sono rappresentati in più vedute, da diverse angolazioni; queste diverse
immagini vengono sovrapposte come se nella fusione di vedute successive si
volesse comunicare la totalità delle percezioni, ottenute girando attorno al
soggetto. Questo processo di scomposizione in piani e ricomposizione successiva,
«disintegra» la forma in modo tale da rendere difficile, a volte,
l'individuazione del soggetto, e molte
immagini cubiste rasentano quasi
l'astrazione. Ma il XX secolo è ricco di nuove tendenze artistiche, tanto che
nel 1911 la rivista tedesca "Sturm" usa il termine "Espressionismo"
per definire quegli artisti che sostengono l'assoluta priorità dell'espressione
del sentimento individuale sull'imitazione della natura.
Uno degli artisti che
esercita un'influenza determinante sulla corrente espressionista tedesca è
certamente Edvard Munch,
come in Austria lo è Egon Schiele
che trasforma il suo "io" altamente tormentato, in una visione del mondo in cui
tutto è destinato alla decadenza e anzi tutto é morto.
Ma se quindi l'arte non
ha più il compito di descrivere la realtà esterna, ma è solo
estrinsecazione di
un mondo intimo, allora bisogna avere il coraggio di andare oltre, abolendo la
visione della realtà esteriore, per visualizzare, attraverso l'occhio dello
spettatore, il complesso oscuro dei sentimenti, esattamente come il musicista
agisce sull'inconscio dell'ascoltatore, attraverso il suo udito.
Nasce così "l'Astrattismo",
anzi, esattamente quando nel 1912,
Vasilij kandinskij
dipinge un acquerello privo di titolo e dai colori informi.
Intanto in Italia e
più precisamente a Ferrara nel 1917
Giorgio De Chirico e Carlo Carrà,
creano una nuova corrente pittorica la
Metafisica, dal greco "metà" (dopo) e "physicà" (cose naturali).